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Infertilità maschile idiopatica: cosa dice la medicina e cosa possiamo fare

L’infertilità maschile idiopatica rappresenta una delle condizioni più difficili da accettare per chi affronta un percorso di procreazione.

Significa, in pratica, trovarsi davanti a un problema reale – l’impossibilità di concepire – senza una causa apparente.

Questa diagnosi riguarda tra il 30% e il 40% degli uomini infertili, e comporta un impatto psicologico importante, sia per il paziente sia per la coppia. In assenza di anomalie cliniche o genetiche, il trattamento richiede un approccio delicato, ma non per questo meno scientifico.

Che cos’è l’infertilità maschile idiopatica

L’infertilità maschile idiopatica è definita come l’impossibilità di concepire dopo 12 mesi di rapporti regolari e non protetti, senza che vi sia una causa evidente rilevabile dagli esami medici.

A differenza di altre forme di infertilità, in cui si possono riscontrare problemi come varicocele, squilibri ormonali, infezioni o alterazioni genetiche, qui tutti i parametri clinici appaiono normali.

Lo spermiogramma può mostrare lievi alterazioni, ma non tali da giustificare l’infertilità.

È dunque una diagnosi per esclusione, che viene formulata dopo un’attenta valutazione clinica. Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, l’infertilità maschile è coinvolta in circa il 50% delle cause di infertilità di coppia.

Le possibili cause “nascoste”

Il fatto che la causa non sia identificabile con gli strumenti diagnostici tradizionali non significa che non esista. La medicina, negli ultimi anni, ha iniziato a esplorare ipotesi più sottili e complesse, che potrebbero spiegare parte dei casi idiopatici.

Fattori genetici minori, come mutazioni non mappate o microdelezioni impercettibili, potrebbero influenzare la qualità spermatica. A ciò si aggiungono alterazioni epigenetiche, che modificano l’espressione genica senza agire direttamente sul DNA.

Anche lo stress ossidativo ha un ruolo rilevante. Quando i radicali liberi superano la capacità antiossidante dell’organismo, possono danneggiare la membrana e il DNA degli spermatozoi. L’ambiente in cui viviamo è inoltre ricco di sostanze potenzialmente tossiche, come ftalati, pesticidi e metalli pesanti.

Un’interessante revisione pubblicata su Nature Reviews Urology ha evidenziato come fattori ambientali, microbioma e stili di vita siano strettamente collegati alla qualità spermatica, anche nei casi in cui gli esami standard non mostrano anomalie.

Come viene diagnosticata

La diagnosi di infertilità maschile idiopatica è un processo sistematico e complesso, che richiede un’accurata esclusione di tutte le cause note. Il primo passo è rappresentato dall’anamnesi, dove lo specialista raccoglie informazioni dettagliate sulla storia clinica, familiare e sessuale del paziente.

Seguono esami di laboratorio come lo spermiogramma, che valuta concentrazione, motilità e morfologia degli spermatozoi. Questi test vengono in genere ripetuti per maggiore affidabilità. In caso di risultati alterati, si approfondisce con dosaggi ormonali (FSH, LH, testosterone, prolattina), utili per individuare disfunzioni endocrine.

L’ecografia testicolare consente di escludere varicocele o altre alterazioni anatomiche. Infine, si procede con esami genetici, come il cariotipo e la ricerca di microdelezioni del cromosoma Y. In casi selezionati, può essere utile una biopsia testicolare per analizzare direttamente il tessuto.

Solo se tutti questi accertamenti non evidenziano anomalie cliniche significative, si arriva alla diagnosi di infertilità idiopatica.

Trattamenti disponibili e approcci consigliati

Anche in assenza di una causa identificabile, la medicina ha sviluppato diversi approcci per migliorare la fertilità nei casi idiopatici. L’obiettivo è ottimizzare la qualità dello sperma e creare condizioni favorevoli al concepimento.

Ecco i principali interventi proposti:

  • Integrazione antiossidante: sostanze come coenzima Q10, L-carnitina, vitamina E e zinco aiutano a ridurre lo stress ossidativo sugli spermatozoi.
  • Modifiche dello stile di vita: alimentazione sana, attività fisica regolare, riduzione del peso, abolizione di fumo e alcol.
  • Terapie ormonali sperimentali, utilizzate solo in contesti controllati e con monitoraggio andrologico.
  • Procreazione medicalmente assistita (PMA): tecniche come FIVET e ICSI possono offrire buoni risultati, anche in casi non spiegabili.

Secondo le linee guida della Società Italiana di Andrologia, è fondamentale un approccio personalizzato e multidisciplinare, in grado di adattare il trattamento alle caratteristiche individuali del paziente.

Cosa dice la ricerca più recente

Il crescente numero di casi idiopatici ha spinto la comunità scientifica a esplorare nuove frontiere diagnostiche. Si stanno studiando tecniche avanzate di analisi molecolare, come la frammentazione del DNA spermatico, che potrebbe rivelare danni non rilevabili con lo spermiogramma.

Un altro campo in espansione è quello delle modifiche epigenetiche e del microbioma seminale, il cui impatto sulla fertilità è ancora poco compreso ma promettente. Sono inoltre in corso ricerche sull’uso della nutraceutica in combinazione con protocolli di PMA.

Una revisione sistematica pubblicata su Human Reproduction Update nel 2023 ha evidenziato come la mancanza di diagnosi non equivalga all’assenza di patologia, ma piuttosto alla necessità di strumenti più sofisticati per identificarla.

Anche il termine “idiopatico”, come ricordato dalla Treccani, definisce ciò che è privo di causa riconoscibile, ma non per questo irrilevante o immaginario.

L’infertilità maschile idiopatica è una condizione reale, clinicamente complessa e spesso emotivamente pesante. Non conoscere la causa non significa che non si possa intervenire. Oggi, grazie ai progressi nella ricerca e alla varietà di trattamenti disponibili, le prospettive sono più incoraggianti che in passato.

Con un percorso guidato da specialisti, uno stile di vita sano e la possibilità di accedere a tecniche di PMA, anche questa forma di infertilità può essere affrontata con speranza. La chiave è non fermarsi alla diagnosi, ma continuare a cercare soluzioni – per quanto non visibili a prima vista.